19 Luglio '92 Testo
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Testo 19 Luglio '92
Il vento si dileguava in un girotondo di foglie,
l'asfalto era una lama di sole, lucido come un presagio nero.
Era l'ora del riposo, invero...
La città si truccava allo specchio chi brindava alla gioventù,
chi senza saperlo era già vecchio era già vecchio, chi guardava alla tivù
la tavola di Ginevra e el Re Artù...
Io e la mia compagna più cara lisciavamo il pelo alla storia
giocandoci a dadi la memoria.
Io e la mia ammirevole amica
sul carro della nostalgia trionfale come la vita
beffarda come la vita...
Tobia il canarino giallo sopravvissuto ai nubifragi,
come migliaia di disperati celebrava il ritorno dei re Magi,
sulla terrazza assolata
dormi Panormo amata.
Altri cercavano l'oro per nascondere la paura
chi sapeva attendeva in silenzio il botto dell'ultima congiura
e dell'ultima ora l'ultima avventura.
Poi d'improvviso una nube, come un lampo di finestrino,
esplose in un rombo di tuono e furono bucce di mattino.
Noi non conosciamo Italie e non vogliamo più vedere
la lunga coda di paglia gli schiavi del potere.
I messaggeri dell'indignazione arrivarono quasi subito
a cavallo delle cineprese per non sporcarsi i pantaloni,
invocando nomi e cognomi, cognomi e nomi
passò qualche cane a pisciare sui resti delle macerie
le signore della televisione andarono in fretta dal parrucchiere
ad aggiustarsi il grugno e le rughe del sedere.
E sbocciarono fiori tristi sui prati muti della speranza, vennero frotte di turisti a cercare la morte in vacanza.
Quel giorno scomparvero in tanti sulle ali della rivolta
quel giorno volaron le rondini per l'ultima volta.
Io e la mia compagna più cara cercavamo nell'ombra il cammino
Che conduce dove regna il silenzio, il gioco della vita e del destino.
l'asfalto era una lama di sole, lucido come un presagio nero.
Era l'ora del riposo, invero...
La città si truccava allo specchio chi brindava alla gioventù,
chi senza saperlo era già vecchio era già vecchio, chi guardava alla tivù
la tavola di Ginevra e el Re Artù...
Io e la mia compagna più cara lisciavamo il pelo alla storia
giocandoci a dadi la memoria.
Io e la mia ammirevole amica
sul carro della nostalgia trionfale come la vita
beffarda come la vita...
Tobia il canarino giallo sopravvissuto ai nubifragi,
come migliaia di disperati celebrava il ritorno dei re Magi,
sulla terrazza assolata
dormi Panormo amata.
Altri cercavano l'oro per nascondere la paura
chi sapeva attendeva in silenzio il botto dell'ultima congiura
e dell'ultima ora l'ultima avventura.
Poi d'improvviso una nube, come un lampo di finestrino,
esplose in un rombo di tuono e furono bucce di mattino.
Noi non conosciamo Italie e non vogliamo più vedere
la lunga coda di paglia gli schiavi del potere.
I messaggeri dell'indignazione arrivarono quasi subito
a cavallo delle cineprese per non sporcarsi i pantaloni,
invocando nomi e cognomi, cognomi e nomi
passò qualche cane a pisciare sui resti delle macerie
le signore della televisione andarono in fretta dal parrucchiere
ad aggiustarsi il grugno e le rughe del sedere.
E sbocciarono fiori tristi sui prati muti della speranza, vennero frotte di turisti a cercare la morte in vacanza.
Quel giorno scomparvero in tanti sulle ali della rivolta
quel giorno volaron le rondini per l'ultima volta.
Io e la mia compagna più cara cercavamo nell'ombra il cammino
Che conduce dove regna il silenzio, il gioco della vita e del destino.
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